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Area archeologica e Antiquarium di Tindari

PATTI (ME) - VIA DEL TEATRO GRECO - LOCALITA' TINDARI PARCO ARCHEOLOGICO DI TINDARI

Area archeologica e Antiquarium di Tindari



PATTI (ME) - VIA DEL TEATRO GRECO - LOCALITA' TINDARI

PARCO ARCHEOLOGICO DI TINDARI
Area archeologica e Antiquarium di Tindari

L'area archeologica di Tindari rientra oggi nei territori di pertinenza del “Parco Archeologico di Tindari”, istituito con D.A. n. 024/GAB del 11-04-2019. Distesa su un promontorio roccioso (Capo Tindari) del versante tirrenico dei Monti Peloritani a m 268 s.l.m., l’area ricade nell’ambito amministrativo del Comune di Patti (ME) ed è interessata dai resti dell’antica città greco-romana di Tyndaris, fondata nel 396 a.C. da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa. Il sito, già evidenziato dalle descrizioni della geografia erudita alla fine del XV secolo e graficamente rilevato dal XVIII, fu parzialmente indagato nel corso dell’800 e solo dal 1950 oggetto di scavi scientifici e di studi sistematici, che hanno fornito dati e significative evidenze archeologiche, restituendo, in un continuum cronologico e culturale, la storia e gli assetti della città dall’età greca (IV sec. a.C.) alla conquista araba (IX sec. d.C.).

Descrizione

La città greco-romana di Tyndaris, avamposto strategico e militare sul Tirreno, di fronte alle Isole Eolie, occupa il plateau sommitale, orientato S/E-N/W, a precipizio sul mare, di Capo Tindari. È possibile collocare l’acropoli della città, con i principali edifici di culto, nel settore di S/E, oggi sede del Santuario della Madonna del Tindari, da dove, anche l’impianto urbano originario, si sarebbe gradualmente sviluppato verso W e verso N, raggiungendo, almeno in età imperiale romana, una estensione non inferiore a 27 ettari, con una cinta muraria di oltre 3 hm. Le vaste aree necropolari, di età ellenistica e romana,si distribuiscono, senza soluzione di continuità, sui declivi e sui modesti rilievi a S e a S/E; un sepolcreto monumentale di età imperiale sorge al margine N/W della città. La città antica di Tindari era difesa da una monumentale cinta muraria, a protezione dell’intero pianoro occupato dal tessuto urbano, integrando la posizione naturalmente difesa e assecondando la morfologia del terreno. Di questo apparato difensivo sono state individuate diverse fasi edificatorie, con ampliamenti e rifacimenti. L’impianto urbano, intelligentemente adattato alla particolare geomorfologia del sito e alle curve di livello, si sviluppa in parte su di un abitato/insediamento preistorico della prima età del Bronzo (XX-XVII sec. a.C.), la cui documentazione archeologica ha contribuito a definire la “facies culturale di Rodì-Tindari” in Sicilia, fornendo i caratteri e lo stile principale. Fin dalla fondazione lo schema urbanistico è di tipo“ortogonale”, con due grandi arterie stradali parallele (plateiai-decumani) tracciate a quote diverse sul pianoro in direzione S/E-N/W, intersecate regolarmente da strade minori (stenopoi-cardines), che scendono lungo i fianchi della collina, in modo da delimitare una serie di isolati rettangolari (insulae), di cui soltanto uno (insula IV) interamente riportato in luce. Delle due arterie stradali (il tracciato di una terza plateia e un’altra sequenza di isolati dello stesso modulo si sono logicamente congetturati nel settore settentrionale della città), quella superiore doveva costituire l’arteria principale, la più rappresentativa, collegata ad E all’agorà/foro della città attraverso un propylon monumentale, la cosiddetta “Basilica”, e costeggiata ad W dal teatro, situato a monte e scavato nelle pendici dell’altura a ridosso delle mura; quella mediana, su cui si affacciano, allo stato attuale della ricerca, le taberne dell’insula IV e, nel settore occidentale (c/da Cercadenari), la domus romana e l’edificio monumentale, costituiva la spina centrale della città e il collegamento più diretto con la strada esterna, oltre le mura, all’estremità N/W del pianoro, che scendeva verso il mare e all’area portuale.

Approfondimento storico

Costituita all’inizio del IV sec. a.C., a caposaldo e controllo di un’area cruciale per la politica espansionistica di Siracusa, quale la costa nordorientale della Sicilia e dello Stretto di Messina, la colonia di Tindari rappresenta una delle più recenti fondazioni coloniali in Occidente. Lo storico siceliota Diodoro Siculo riferisce che Dionigi,“dopo la disfatta dei Cartaginesi …, trasferisce da Messene (Messina) mille coloni Locresi, quattromila Medmei e seicento Messeni del Peloponneso, in esilio da Zacinto e Naupatto”, che erano stati in parte suoi mercenari, “assegnando loro una località sul mare, a cui annesse una parte di territorio tolta ad Abaceno”. I coloni “chiamarono la città Tindari e, in poco tempo, grazie al buon governo e alle numerose concessioni di cittadinanza, divennero più di cinquemila”(Diodoro, Bibliotheca historica, XIV, 78, 1-7) Il nome della città è probabilmente legato al culto messenico dei Tindaridi, i Dioscuri, Castore e Polluce figli di leda e Tindaro re di Sparta, documentati dalle raffigurazione sui tipi monetali. Nel 344 a.C., la città offrì alleanza a Timoleonte, il generale corinzio giunto in Sicilia per restaurare la democrazia a Siracusa, travagliata dalla tirannide di Dionisio II, da gravi perturbazioni politiche interne e dalla minaccia cartaginese (Diodoro,Bibliotheca historica, XVI, 69. 1-4). Dalla vittoria di Timoleonte al Crimiso (340 a. C.) Tindari godette di indipendenza, di un incremento demografico e di prosperità economica. Non abbiamo notizie storiche sulla città per l’intero periodo della tirannide di Agatocle (317-289 a.C.) e per gli anni che seguirono, fino a quando, minacciata dai Mamertini, ex mercenari di Agatocle,accoglie favorevolmente, nel 270 a.C., Ierone II di Siracusa, impegnato nella campagna militare di liberazione (Diodoro,Bibliotheca historica, XXII, 13). Nel corso della prima guerra punica (264-241 a.C.), benché città controllata da Siracusa, Tindari è presidiata dai Cartaginesi che, venuti in sospetto del favore popolare verso i Romani, deportano a Lilibeo i cittadini più importanti della dirigenza politica (Diodoro, Bibliotheca historica, XXIII, 5). Durante il conflitto la città lega il suo nome ad una battaglia navale,svoltasi nelle sue acque nel 256 a.C. (Polibio, Istoriai, I, 25, 1-5; I, 27, 6). Nel 254 a.C., dopo la sconfitta cartaginese a Drepanon (Trapani) e l’occupazione di Palermo, Tindari passa spontaneamente a Roma (Diodoro,Bibliotheca historica,XXIII,18,5), divenendo civitas decumana, con l’obbligo di versare a Roma una decima quota dei proventi dalle risorse e dai prodotti del territorio, mantenendo però anche autonomia e libertà civili. Per il tempo della seconda guerra punica (219-201 a.C.), Tindari rimane fedele a Roma ed è ricordata e annoverata tra gli alleati per aver fornito un contingente di uomini, in relazione agli eventi del 213 e allo scontro con Siracusa (Silio Italico,Punica, XIV, 208). In quanto alleata dei Romani fornì, durante l’ultima guerra punica (219-201 a.C.), navi in appoggio alle spedizioni contro Cartagine e, per questo, ricompensata con una parte del bottino e l’onore di essere inclusa tra le 17 città siciliane cui era concesso offrire una corona al Santuario di Afrodite ad Erice (Cicerone, InVerrem, II, 5, 194). Nel periodo delle guerre civili, alla fine dell’età repubblicana (42-36 a.C.), Tindari è “piazzaforte” su cui fa perno l’ultima difesa di Sesto Pompeo contro Ottaviano Augusto(Appiano, Bellum Civile, V, 105; Dione Cassio, Historiae Romanae, XLVIII, 17). “Presa con la forza” nel 36 a.C. da Vipsanio Agrippa, ammiraglio della flotta, Tindari diviene base delle truppe di Ottaviano (Appiano, Bellum Civile, V, 109, 116; Dione Cassio, Historiae Romanae, XLIX, 7). Nel nuovo assetto amministrativo delle città siciliane voluto da Augusto (22-21 a.C.) a Tindari viene dedotta una colonia (Plinio, Naturalis Historia, III, 9) con la denominazione, documentata dalle iscrizioni, di Colonia Augusta Tyndaritanorum. Nella prima età imperiale una ingente frana (che si presume causata da un movimento tellurico) colpì Tindari, provocando, secondo quanto narra Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, II, 206), forse con troppa enfasi, la distruzione di metà della città (dimidiam Tyndarida urbem). Non si hanno altre notizie sulla storia di Tindari in età imperiale, ad eccezione di un gruppo di epigrafi, provenienti soprattutto da vecchi scavi, in relazione agli imperatori Traiano, Marco Aurelio e Alessandro Severo, insieme ad un complesso di sculture in marmo (statue e ritratti), riferibili alla dinastia Giulio-Claudia. Nella prima metà del IV sec. d.C., gli esiti di due terremoti segnano il definitivo declino di Tindari e con essi il tramonto dell’epoca imperiale, accelerato dall’invasione dell’Isola da parte dei Vandali di Gianserico, nella seconda metà del V sec. d.C. In età bizantina (VI sec. d.C.), la città, pur decaduta, mantenne una certa importanza come sede di diocesi. Nell’836 Tindari viene conquistata e distrutta dagli Arabi.

Approfondimento tecnico

La ricerca archeologica condotta soprattutto dagli anni cinquanta del secolo scorso ad oggi, sul forte pianoro, esposto a settentrione, longitudinalmente sviluppato da E ad W, consente di ricostruire la topografia antica di Tindari. Il perimetro urbano era difeso da un sistema di mura fortificate, risalente al principio del III sec. a.C., in relazione con la necessità per gli abitanti di Tindari di proteggersi dai Mamertini, insediatisi a Messina dal 288-285 a.C. Fondate sul bancone roccioso, le mura sono realizzate, in una prima fase edificatoria, in opera quadrata, in blocchi parallelepipedi di arenaria, a doppio paramento, con riempimento (emplekton) in pietrame e terra, ed hanno una larghezza compresa tra m 2,50 e m 4,50. La cinta presenta tutti gli elementi propri dell’apparato difensivo: torri, postierle (passaggi di emergenza) e porte, camminamenti di ronda. Sono state individuate otto torri quadrangolari, massicce e aggettanti, in blocchi parallelepipedi, collocate a distanza non regolare in prevalenza lungo le pendici a S/E della collina. Era inoltre previsto un sistema di smaltimento delle acque, costituito da aperture praticate lungo le mura. La porta principale, a S/W della collina, è del tipo “a dipylon” con invito a tenaglia semicircolare fiancheggiata da due torri ai lati dell’ingresso. A seguito di una interruzione dei lavori, dovuta a motivi non ben determinabili, la realizzazione della fortificazione verrebbe continuata con una tecnica meno raffinata in opera incerta in calcare locale, pietrame a secco con pilastri in blocchi squadrati disposti a croce, alternativamente in posizione verticale e orizzontale e con gli spigoli rinforzati da blocchi. Il ricorso ad una tecnica affine a quella cosiddetta “a telaio”, ampiamente attestata in ambito punico, suggerisce di collocare questa seconda fase della costruzione al momento in cui Tindari era sotto il controllo punico, negli anni tra il 270 e il 254 a.C. La fortificazione tindaritana subì rifacimenti in età tardo-imperiale e bizantina: purtroppo di questi interventi, che interessavano soprattutto la fronte settentrionale, aperta verso il mare, si hanno notizie preliminari che suggerirebbero una datazione intorno al V sec. d.C. L’impianto urbano oggi restituito dall’evidenza archeologica, con le infrastrutture e le strutture pubbliche e private, è quello assunto, nella forma e nell’articolazione, dalla Colonia Augusta Tyndaritanorum, ancora imperniato senza reale soluzione di continuità sullo schema che, nel suo nucleo/base, risale al IV sec.a.C. A questo primo impianto appartengono, in atto non più visibili sul terreno, i resti di un isolato di abitazioni sottostanti la casa B dell’insula IV che ne riprende, in continuità, l’orientamento, con materiale ceramico a figure rosse e a vernice nera databile tra il secondo quarto del IV e gli inizi del III sec. a.C.; un piano di calpestio sotto la sede stradale di età imperiale della plateia superiore, relativo ad un tracciato viario di minore ampiezza; i resti di una abitazione, parzialmente scavata nel banco roccioso, all’interno del tratto S/W della cinta muraria. Assi portanti del tessuto urbanistico sono le larghe strade parallele (plateiai-decumani) che percorrono il plateau da S/E a N/W e di cui le indagini hanno restituito due lunghi tratti, rispettivamente attraversanti la fascia centrale e quella meridionale (superiore), ciascuno della larghezza di m 8/8,50, posizionati a quote diverse in rapporto alla originaria conformazione orografica. Di essi, è interamente carrabile, per oltre m 320, il tratto centrale, pavimentato in basoli quadrangolari di arenaria locale, bordato da due stretti marciapiedi e concluso ad occidente da una sorta di propylon (porta), da riferire verosimilmente al rifacimento tardo-imperiale, o protobizantino, della cinta muraria. Le plateiai-decumani sono incrociate ad angolo retto, secondo uno schema conforme ai canoni di Ippodamo di Mileto, da una serie di stenopoi-cardines, strade minori, (S/W-N/E), provviste di un sistema fognario a profonde gallerie con spallette in muratura e copertura a lastroni in arenaria, ciascuno della larghezza di m 2,80/3, che delimitano una maglia regolare di isolati dell’ampiezza costante di m 28,30/28,50 e della lunghezza di m 72,40, che pare diventi minore nel settore più ad W dell’impianto. Nel settore sud-orientale della città, lungo il tracciato dell’arteria superiore hanno sede i monumenti pubblici più significativi della città: la “Basilica” e il Teatro, nonché l’allineamento del prospetto meridionale dell’Insula IV, articolata a terrazze, con le Taberne, la Casa B, la Casa C e le Terme. Nel settore nord-occidentale della città, lungo il tracciato dell’arteria centrale, in c/da Cercadenari, si aprono: la Domus Romana e l’Edificio Monumentale.

Informazioni

  • Consistenza fisica: Consistenza fisica parziale
  • Stato di conservazione: Discreto
  • Copertura mobile: 4G
  • Livello copertura mobile: 5
Restauri

Anno: 1842
L’area, soprattutto in ragione della monumentalità delle sue rovine, è stata interessata da numerose ricerche già a partire dai secoli XVIII e XIX sia di tipo erudito-antiquario, a cura di viaggiatori impegnati nel Grand Tour siciliano, sia di tipo sistematico, con scavi negli anni Trenta del secolo scorso, nei periodi 1949-1952 (in collaborazione con Nino Lamboglia) e 1968-1970, promossi da Luigi Bernabò Brea (Soprintendente di Siracusa), che indagò la fortificazione e numerosi edifici dell’insula IV, e con l’indagine in località Cercadenari, lungo il proseguimento est del decumanus centrale (1993-2004), a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina. La ricerca moderna comincia alla fine del XVIII sec., con il principe di Biscari Ignazio Paternò del Castello che nel suo "Viaggio per tutte le antichità della Sicilia descritte ed illustrate" (1781) fornisce un‘accurata descrizione dei resti del teatro e della "Basilica". Le rovine di Tindari furono inoltre raffigurate in una serie di acquarelli dal pittore romano Luigi Mayer, ora conservati a Catania al Museo Civico di Castello Ursino, e in una serie di guazzi e rilievi piuttosto dettagliati dei complessi allora visibili ad opera di Jean Houel, architetto francese, che li pubblicò nel suo "Voyage Pictoresque des îles de Sicile, de Malte et Lipari (1782-1787)". Il console inglese Robert Fagan nel 1808 ottenne autorizzazione ad effettuare scavi a Tindari, finalizzati a raccogliere il più possibile opere d‘arte e con l‘intento di esportarle in Inghilterra. Questi reperti di scavo (in prevalenza statue ed epigrafi) furono fortunatamente bloccati nei magazzini della dogana di Palermo e confluirono poi nel Museo Archeologico Regionale "A. Salinas" della città. Nel 1814 l‘abate Francesco Ferrara, custode delle Antichità di Val Demone, pubblica “Memorie sopra l‘antica distrutta città di Tindari”, con la descrizione delle rovine, un inquadramento degli aspetti geologici e ambientali del sito, e la prima planimetria generale con una visione di insieme della zona archeologica. I primi scavi sistematici a Tindari sono effettuati fra il 1842 e il 1845 ad opera della Commissione di Antichità e Belle Arti, presieduta da Domenico Lo Faso di Pietrasanta, duca di Serradifalco. I risultati della ricerca sono pubblicati nel volume V delle sue Antichità della Sicilia, con rilievi di Francesco Saverio Cavallari, che fornirono nuovi elementi per la topografia archeologica della città, come l‘indicazione del perimetro delle mura. Nel primo ventennio del XX secolo, il Soprintendente di Siracusa Paolo Orsi effettua ricerche e indagini stratigrafiche, ma soprattutto acquisti e recuperi che assicurano allo stato un importante lotto di reperti. Sempre in questi anni viene donata alla Soprintendenza di Siracusa una quota della Collezione Sciacca della Scala con reperti di età ellenistica e romana, che si era andata formando sin dal XVIII secolo con materiali quasi esclusivamente di provenienza tindaritana. Intorno agli anni '40 il successore di Paolo Orsi, Giuseppe Cultrera, effettua una campagna di scavo e restauro del teatro greco, in collaborazione con l‘architetto Sebastiano Agati. Nel secondo dopoguerra vengono effettuati ulteriori restauri del Teatro e della Basilica e vengono messi in luce dei diversi edifici dell‘Insula IV. Sempre ad opera della Soprintendenza di Siracusa viene condotta anche una sistematica campagna di indagini in un settore della necropoli meridionale (c/da Scozzo) affidata a Ferruccio Barreca cui si devono altre ricerche nell‘ambito delle mura e dell‘area urbana. Le ultime indagini si effettuano tra il 1993 e il 2004 ad opera della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina che effettua quattro campagne di scavo sia a Cercadenari, sia lungo il decumano centrale in direzione Est.

Fonti

Tyndaris e il suo territorio I, Introduzione alla carta archeologica del territorio di Tindari

Autore: Michele Fasolo
Collezionista: MediaGEO ISBN 978-88-908755-1-9
Data: 2013

Tyndaris e il suo territorio II, Carta archeologica del territorio di Tindari e materiali

Autore: Michele Fasolo
Collezionista: mediaGEO, ISBN 978-88-908755-2-6
Data: 2014

«Dinamiche dell’insediamento nel territorio di Tindari dalla preistoria al medioevo»

Autore: Michele Fasolo
Collezionista: Journal of Ancient Topography XXI
Data: 2011

«Una nuova iscrizione greca dal territorio di Tindari», in AA.VV., Da Halesa ad Agathyrnum. Studi in memoria di Giacomo Scibona

Autore: Michele Fasolo
Collezionista: Sant'Agata di Militello
Data: 2011

Bibliografia Topografica Colonizzazione Greca in Italia e nelle isole tirreniche, diretta da G. NENCI e G. VALLET

Autore: Maria Ida Gulletta
Collezionista:
Data: 2011

Città greche di Magna Grecia e Sicilia

Autore: F. Mollo, Tindari, in F. D’Andria, P.G. Guzzo, G. Tagliamonte
Collezionista: Enciclopedia Italiana Treccani
Data: 2012

Tyndaris (Messina), in Sicilia orientale ed Isole Eolie,

Autore: U. Spigo
Collezionista:
Data: 1995

L’agorà-foro di Tyndaris: status quaestionis, in «Settime Giornate Internazionali di Studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nel constesto mediterraneo»

Autore: Maria Ida Gulletta
Collezionista:
Data: 2009

Atti delle settime giornate internazionali di studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo

Autore: Carmine Ampolo
Collezionista:
Data: 2009

TINDARI L'Area Archeologica e l'Antiquarium

Autore: Regione Siciliana Ass. BB.CC.AA.e della P.I. Dip. Dei BB.CC.AA.e dell'Educazione Permanente - SS.BB.AA. di Messina Serv. II ai Beni Archeologici U.O. VII
Collezionista: Rebus edizioni
Data: 2005

Ente gestore

  • Tipologia ente: PARCO ARCHEOLOGICO
  • Denominazione: PARCO ARCHEOLOGICO DI TINDARI
  • Direttore: Domenico Targia ad interim
  • Indirizzo: Tindari - Villa Amato -Via Monsignor Pullano 98066 PATTI ME
  • Email: parco.archeo.tindari@regione.sicilia.it
  • Pec: parco.archeo.tindari@legalmail.it
  • Telefono: 0941369023

Area Multimedia

Informazioni

  • Indirizzo :Via del Teatro Greco, 98066 Tindari, Patti ME
  • Città :98066 - PATTI
  • Orari :Dalle ore 9:00 - 1 ora prima del tramonto (tutti i giorni escluso il lunedì)
  • E-mail : parco.archeo.tindari@regione.sicilia.it