Prima delle ricerche degli ultimi vent’anni dell’edificio scenico si aveva notizia attraverso le fonti letterarie ed iconografiche del XVIII e del XIX sec. Solo con le campagne di scavo eseguite dal 1980 al 2008 è stato possibile dedurre la configurazione del palcoscenico e dell’edificio scenico, conoscerne lo sviluppo planimetrico, liberare la porta laterale e restaurare la parte sopravvissuta della paraskenè orientale. Purtroppo la metà occidentale dell’edificio scenico è ancora sconosciuta, gravando su di essa un imponente edificio ottocentesco.
La scena e gli ambienti del postscaenium sono ancora solo parzialmente indagati, poiché sin dal primo periodo di perdita delle sue funzioni, parte dell’edificio fu riadoperata per officine da riconnettere alla macellazione di animali, per poi essere inglobata negli edifici moderni. Di questi ambienti è stato possibile mettere in luce solo un tratto di muro della confornicatio alle spalle della valva hospitalis orientale, che raccordava il postscaenium con l’area scenica e la confornicatio della versura orientale, dalla quale si aveva accesso al I ambulacro. Del palcoscenico della prima fase è stato messo in luce il muro sul quale era poggiato l’impianto ligneo del primo pulpitum, disposto parallelamente alla fronte della scena, la quale, sulla base degli studi effettuati sulla valva hospitalis orientale e sul lato est della valva regia (l’unico attualmente visibile), si ipotizza fosse caratterizzata da muri rettilinei rivestiti in marmo sui quali fu impostata una monumentale columnatio (BRANCIFORTI 2008). Le colonne poste davanti la valva regia avevano un diametro maggiore delle due coppie di colonne della valva hospitalis orientale (per ragioni di simmetria lo stesso doveva verificarsi nella porta occidentale). Tutte le colonne poste in corrispondenza delle porte poggiavano su basamenti in pietra lavica ancora visibili (Fig.2) sui quali erano collocati i piedistalli delle colonne. Secondo la Branciforti l’edificio scenico di questa fase doveva essere più basso rispetto ai rifacimenti posteriori, con i quali fu elevato fino all’altezza del III ambulacro, pertanto è forse possibile desumere che la scena e la columnatio in avancorpo si elevassero su due piani, ipotesi che sembra essere confermata dai frammenti architettonici di due differenti fregi recuperati in vari punti del teatro, tra i quali uno, riutilizzato nel muro del secondo pulpitum riferibile all’ultima fase di vita dell’edificio, prova l’anteriorità di questo apparato decorativo e che la scaenae frons subì almeno una trasformazione in un periodo successivo. La paraskené orientale è stata oggetto d’interventi tra il 1998 e il 2001, in concomitanza con quelli relativi alla realizzazione della nuova area d’ingresso al monumento e all’allestimento dell’Antiquarium. Il corridoio di collegamento tra il palcoscenico e gli ambienti di retroscena, immediatamente visibile dall’area di ingresso al monumento, è stato restaurato ricomponendo gli originari spessori murari, danneggiati nel corso dei secoli e ripristinando nelle parti mancanti il paramento originario. Su un lato di esso si aprono due ampi passaggi con volte a botte forse un tempo connessi alle torri scalari del Teatro. Tutte le parti di restauro sono state evidenziate apponendo chiodi di ottone lungo il perimetro dell’area d’intervento. Su alcuni dei nuovi mattoni è stata impressa la data 2000.
Prima delle varie campagne di scavo del 1980, 1991, 1993-95, 1999-2000 e 2004-2008 non si conosceva molto sull’edificio scenico, solo dopo queste si è potuto conoscere lo sviluppo planimetrico ed avere una visione più chiara. Nel corso di dette campagne di scavo sono stati rinvenuti numerosi elementi della decorazione dell’edificio scenico, quali colonne, capitelli e frammenti di architravi riccamente scolpite, oltre a numerose lastre di marmo pertinenti al rivestimento delle pareti, che hanno potuto far consentire la ricostruzione dell’apparato decorativo della scena. Questi materiali trovano confronto diretto con quelli rinvenuti dal principe Biscari e rilevati da S. Ittar e per conto del duca di Serradifalco, da S. Cavallari. Tra questi spiccano due grandi frammenti di fregio marmorei con scena di Gigantomachia (lotta fra Giganti e divinità) di cui si ipotizza la pertinenza al fregio del primo ordine. Nel primo, due divinità (identificate con Apollo e Artemide) lottano con due giganti anguipedi (con la parte inferiore delle gambe configurata come un serpente); nel secondo, due giganti anguipedi contrastano una divinità femminile identificata con Atena. Il soggetto rappresentato riconduce al mito del gigante Encelado che, avendo osato sfidare Zeus, secondo una delle versioni del mito, giaceva sepolto dalla dea atena sotto il vulcano Etna. Tale mito, come ebbe modo di affermare già il principe di Biscari, poteva peraltro essere ben noto agli spettatori catanesi. Dei numerosi capitelli corinzi, di marmo grigio-azzurrognolo databili all’età severiana (193-235 d.C.), posti sulle colonne della fronte scena ne sopravvivono soltanto alcuni in parte esposti nell’Antiquarium. Tra questi si distingue, per l’eleganza delle foglie d’acanto della prima e della seconda corona, un capitello in marmo pentelico databile nel I sec. d.C. Esso doveva appartenere ad un secondo ordine di colonne sulle porte o doveva fiancheggiare una delle esedre che movimentavano la fronte scena. Tra i diversi frammenti di sculture ritrovati, in parte esposti nell’Antiquarium, alcuni sono pertinenti a statue di dimensioni minori del vero, altri a statue colossali. Il repertorio iconografico sembra riconducibile in alcuni casi al mondo mitologico, in altri alla rappresentazione celebrativa di avvenimenti e personaggi pubblici. Tra di essi si rileva una testa in marmo con tratti fisionomici che ricordano il ritratto ufficiale di Marco Aurelio (147 d.C.), ricomposta da due frammenti rinvenuti in due diverse campagne di scavo (1991 e 1993) e in due settori ben distanti l’uno dall’altro (cavo palcoscenico e davanti al IV cuneo, quasi a contatto con il pavimento d’orchestra). Della Porta hospitalis orientale di cui negli scavi del 2006-2007 è stata liberata anche la parte posteriore, si conserva in situ il piedistallo di marmo bianco di una delle quattro colonne, che poste su basi in pietra lavica in doppia fila, la fiancheggiavano. Il piedistallo, decorato da festoni e bucrani (scheletri di teste di bue ), è perfettamente confrontabile con quello recuperato dal principe di Biscari e da lui collocato nel suo museo insieme agli altri frammenti marmorei rinvenuti in occasione degli scavi da lui condotti nel Teatro. Attualmente questi materiali sono visibili nel Museo Civico di Catania, ubicato dal 1934 nel castello Ursino.
Lo spazio scenico, che si presentava con una monumentale fronte scena, scanea frons, a più ordini con colonnati marmorei, era chiuso sui lati da due alte parascaenia che, tramite dei passaggi di collegamento, versurae, collegava il palcoscenico agli ambienti di retroscena, postscaenium. Nel corpo scenico in basso si aprivano tre porte fiancheggiate da colonne di ordine corinzio, quella centrale detta porta regia e quelle laterali portae hospitales. (BRANCIFORTI 2008) Nel corso dei vari interventi di scavo si è potuto dedurre che la trabeazione del secondo ordine era di tipo corinzio, tra le cornici si trova un fregio con girali da cui fuoriescono teste di animali (cinghiale, bue, pantera-leonessa) e busti di eroti. Nella prima fase del Teatro (I sec. d.C.) il varco della porta Hospitalis era definito da muri rettilinei, in seguito fu modificato realizzando una parete di fondo curva interrotta da due stretti corridoi laterali. In questa fase furono in parte obliterate le basi in pietra lavica della fila posteriore. Della porta regia è stata liberata una piccola porzione e messa in luce una base in pietra lavica, di dimensioni superiori rispetto a quelle della porta laterale, su cui doveva sovrapporsi una colonna anch’essa di dimensioni notevoli. Alla porta regia doveva essere pertinente, infatti, il piedistallo, rinvenuto dal principe di Biscari (oggi al Castello Ursino), con panoplia (trofeo) tra due Vittorie inginocchiate sul lato principale, con prigionieri barbari sul lato sinistro e con figure femminili su quello destro. La fronte della scena, definita da una bassa banchina in pietra lavica alla quale fu sovrapposta in età tardo romana una fascia di mattoni, è costruita in solida opera cementizia. La cortina muraria esterna, in Opus latericium (mattoni), era originariamente rivestita di marmo. L’area del palcoscenico (pulpitum) si distende davanti alla scena, con fronte (frons pulpiti), messo in luce nella fase IV sec. d.C., articolata in una serie di piccole esedre curvilinee e rettilinee alternate, conserva per ampi tratti rivestimenti marmoreo ancora in posto. Alla fronte furono addossate cinque scalette realizzate con materiali di recupero; tra questi, anche elementi marmorei di un certo pregio come il frammento di lastra di epigrafe (DIV TR), posto a mò di zoccolatura di una delle scalette del lato orientale o come la base in marmo decorata da delfini, posta capovolta alla base della scaletta occidentale. E’ confrontabile con quelle trovate da I. Biscari che le interpretò come basi di statue poste sulla zoccolatura della fronte scena (LIBERTINI 1930, P.69, TAV. XXXVIII). Sono ben visibili, al di sotto di una cornice con Kyma lesbio le figure dei delfini affrontati ai lati di una conchiglia. La fronte del pulpitum termina in alto con una ricca cornice in marmo con motivi vegetali stilizzati. La sua metà occidentale è visibile al di sotto del palazzo ottocentesco che incombe a ovest sull’edificio scenico e sotto alle arcate che sostengono la parte residua di uno stretto vicolo che, prima delle demolizioni degli anni ’50-’70 del secolo scorso, conduceva da Via Vittorio Emanuele II all’agglomerato di case costruite sul Teatro. Articolate su diversi livelli e assecondando l’andamento curvilineo del monumento, le case utilizzavano come spazi abitativi anche alcune parti degli ambulacri ingrottandosi all’interno e al di sotto di essi. Per il tipo di insediamento quasi “rupestre” il vicolo, che ancora oggi si protende in parte sul teatro, fu chiamato Grotte.
Informazioni
- Consistenza fisica: Consistenza fisica parziale
- Stato di conservazione: Discreto
- Copertura mobile: 4G
Anno:
Ente gestore
- Tipologia ente: PARCO ARCHEOLOGICO
- Denominazione: PARCO ARCHEOLOGICO E PAESAGGISTICO DI CATANIA E DELLA VALLE DELL'ACI
- Direttore: D'Urso Giuseppe
- Indirizzo: Via Vittorio Emanuele, 266 95100 CATANIA CT
- Email: parco.archeo.catania@regione.sicilia.it
- Pec: parco.archeo.catania@pec.net
- Telefono: 0957150508
- Sito internet: http://www.poloregionalecatania.net/