Nel Teatro greco di Catania gli accessi laterali dell’orchestra aditus maximi (parodoi), utilizzati dagli attori e dal coro, ma anche dagli spettatori, diversamente dai teatri greci che sono a cielo aperto, sono coperti da volte e sono sovrastati dai tribunalia.
Il teatro romano di Catania costituisce un caso particolare sotto molti aspetti. Oggi viene considerato il più importante edificio antico di Catania e senza dubbio è quello al quale è stata prestata la cura maggiore, in più di due secoli di scavi, restauri e ricostruzioni con alterne vicende e fortune. Questo basterebbe a considerare il rango che gli si attribuisce un riflesso di moderne aspettative. In realtà quanto è noto dell’edificio antico ci assicura che esso ebbe un ruolo di primo piano nell’identità urbana di Catina. Quel che vediamo oggi e un pastiche di parti originali e ricostruzioni moderne, in alcuni casi indistinguibili dalle prime anche ad un occhio esperto perché realizzate ad imitazione del rudere pittoresco, con pezzi antichi o materiali e tecniche che imitano l’antico. In generale, solo le parti basse, parodoi, ima cavea, orchestra, e i basamenti superstiti dell’edificio scenico, sono per lo più originali. Mentre le parti alte della cavea con i retrostanti ambulacri II e III sono ricostruzioni su porzioni residue di nuclei cementizi e paramenti originari.
Già rappresentato nelle iconografie del XVIII e del XIX secolo , di questo misterioso ambiente posto in corrispondenza dell’atrio orientale, inglobato nelle costruzioni moderne, si era persa memoria fino a quando, completate le procedure di esproprio, la Soprintendenza di Catania ne è venuta in possesso. Tra il 2004 ed il 2007, con il coordinamento di Maria Grazia Branciforti e Giuseppe Pagano, si è proceduto ad un impegnativo scavo in prossimità di un interro che lo colmava per poco meno della metà della sua altezza totale. Al di sotto dei diversi depositi relativi alle numerose fasi di riuso dall’alto medioevo ai giorni nostri è stato possibile mettere in luce la struttura originaria che presenta delle notevoli singolarità: mentre nella sua parete interna, su cui si apre un vano quadrangolare originariamente dotato di soppalco, ha un andamento rettilineo, la parete esterna è curva. Approfondendo l’indagine, si è accertato che la parete rettilinea fu alzata su una più antica struttura di età greca in grandi blocchi isodomi di pietra calcarea (metà del IV sec. a.C.). Il sovrastante muro di età romana, in conglomerato cementizio (opus coementicium) e con paramento esterno in blocchetti lavici, fu realizzato anche con funzione di contenimento del terreno sovrastante. Nella prima fase costruttiva esso costituiva il muro perimetrale esterno del Teatro. I lavori eseguiti nella parte orientale del teatro e nel palcoscenico (2005-2008) hanno determinato il rinvenimento di altre due strutture di età greca che, messe in relazione con quelle scoperte nel 1884 e nel 1919, avvalorano l’ipotesi dell’esistenza di un teatro greco, da collocare piuttosto nel IV sec. a.C., che sarà poi modificato - o meglio riedificato - nella prima età imperiale romana.
Tra il (2005-2008) I lavori eseguiti nella parte orientale del teatro hanno permesso il rinvenimento di altre due strutture di età greca. La prima struttura è stata rinvenuta nel grande ambiente (l’atrio orientale) che, parallelo per un tratto al I ambulacro, definisce il prospetto esterno orientale del teatro fuori terra, nella sua porzione sud-orientale, per una altezza notevole. Sin dalle prime osservazioni fatte con G. Pagnano sulla scorta dei rilievi eseguiti prima dell’inizio degli ultimi lavori, appariva alquanto singolare la configurazione planimetrica di questo ambiente, delimitato da una parete esterna curvilinea e da una interna rettilinea . Poiché la confluenza, a Nord, dei due muri determina una forte rastremazione dello spazio e l’ambiente non presentava nella sua parte terminale alcuna apertura, già prima dell’inizio degli scavi si formulavano varie congetture interpretative; fra tutte, quella della eventuale preesistenza di una struttura rettilinea, che avrebbe condizionato la realizzazione del muro interno. A tale ipotesi inducevano la lettura dei testi di G. Libertini e di C. Anti ed il confronto con il muro greco già individuato nel settore occidentale del monumento. Risultava peraltro evidente il parallelismo tra questo e la parete occidentale dell’atrio orientale, della quale erano tuttavia visibili solo una parete in blocchi lavici di evidente età romana e, nelle parti prive di paramento, il conglomerato in opus coementicium del corpo murario. Si può affermare, dalle analisi e dagli studi susseguitesi nel corso dei tempi che, il peculiare sviluppo planimetrico dell’ambiente denominato atrio orientale di forma allungata e rastremata deriverebbe dai differenti momenti costruttivi. Il muro curvilineo esterno, con il suo bel paramento in blocchi di pietra lavica, liberato dalle case moderne che vi si addossavano e sovrapponevano, nel tratto più settentrionale si conserva per quasi tutta la sua altezza originaria. In aderenza al prospetto, in una fase successiva (III fase) fu costruita una scala che, nella parte più bassa, è stata rinvenuta in ottimo stato di conservazione. L’accesso era probabilmente protetto da una porta o cancello come indicano gli incassi realizzati sulla soglia e nel sovrastante architrave retto. Delle quattro grandi versurae, che si aprono al di sotto della scala, due sono state liberate. In tre di esse è stato raggiunto il piano di calpestio originario con soglie in pietra lavica dotate anch’esse di incassi per l’alloggiamento di porte o di cancelli. Nel corso dello scavo archeologico, approfondendo l’indagine all’interno dell’atrio, al di sotto di un pavimento in malta cementizia del XVI secolo, le strutture antiche si sono presentate in ottimo stato di conservazione con il paramento originario in posto. A poca distanza dal prospetto esterno e dalla scala del Teatro si erge un alto muro con una stretta apertura di base. Per la tecnica costruttiva utilizzata è stato interpretato come una struttura di protezione realizzata ne XVIII secolo al fine di salvaguardare le strutture antiche. Tale opera potrebbe essere attribuita a I. Biscari. L’attacco di una struttura ad arco posta alla sommità del muro settecentesco potrebbe essere inteso come di un passaggio che doveva consentire l’accesso alle abitazioni scavalcando i resti del Teatro, accorgimento questo che il principe adottava ogni qualvolta effettuò scavi al di sotto delle costruzioni (PAGNANO 2001, 49; IDEM 2007b c.d.s.).
Informazioni
- Consistenza fisica: Consistenza fisica parziale
- Stato di conservazione: Discreto
- Copertura mobile: 4G
Anno: 1950
Tra il 1950 ed il 1970 iniziarono poderose operazioni di espropriazione e di demolizione delle strutture moderne e di restauro di quelle antiche, che hanno portato al recupero di gran parte degli ambulacri e buona parte della parodos.
Anno: 1995
vennero intrapresi alcuni lavori di indagine e restauro in corrispondenza della parodos orientale si è scavato per un breve tratto fino a raggiungerne il suo piano di calpestio pavimentato da lastre di marmo policromo nella parte prossima all’orchestra.
I due parodoi fino a quella data risultavano fortemente rovinati dai lavori effettuati per ricavarne ambienti e persino scarichi per le acque nere.
Anno: 2006
Relativamente le indagini eseguite da PAGNANO E TAORMINA nel settore di Sud-Est, risulta essere di grande interesse il collegamento emerso tra la parodos est con il grande ambiente a pianta trapezoidale (atrio orientale). Indicato nella icnografia del teatro di S. Ittar, dove è rappresentato come un corridoio parallelo agli ambulacri ed al quale si addossa una scala, del quale di questo misterioso ambiente si era persa memoria fino a quando, completate le procedure di esproprio, la Soprintendenza di Catania non è venuta in possesso della parte del palazzo Gravina che lo ingloba. Facendo riferimento alla fase greca del teatro, la sua peculiarità planimetrica troverebbe una spiegazione nel riuso del muro greco come fondazione della parete interna, in opus coementicium e con paramento in blocchi lavici, che nella prima fase costruttiva romana, costituiva il prospetto esterno orientale del teatro. Così come riportato dal Pagnano: “ L’aggiunta del III ambulacro e l'ampliamento della cavea ebbero come conseguenza la realizzazione di un nuovo prospetto curvilineo che, seguendo il pendio naturale, nella parte a valle si ergeva per notevole altezza. Il nuovo spazio che si veniva così a determinare, permettendo il collegamento con l’esterno mediante tre grandi versurae, assolveva, quindi, la funzione di atrio. Al prospetto esterno si addossa la scala rappresentata da Ittar, che si conserva, nella parte più bassa, con i gradini originari in posto. Alla base si erge un portale in pietra lavica, nella cui soglia sono ben visibili i fori per l’alloggiamento dei cardini di un cancello. Ad Est corre il muro fatto costruire dal principe di Biscari a protezione delle strutture antiche”. in corrispondenza della parados l’indagine è stata estesa ed è stata messa in luce anche una porzione della sua estremità orientale, nel tratto in cui la parados si immette in un ambiente di piano terra (atrio orientale) dotato di grandi aperture (versurae) che consentivano agli spettatori di uscire direttamente dalla parte bassa del monumento.
Ente gestore
- Tipologia ente: PARCO ARCHEOLOGICO
- Denominazione: PARCO ARCHEOLOGICO E PAESAGGISTICO DI CATANIA E DELLA VALLE DELL'ACI
- Direttore: D'Urso Giuseppe
- Indirizzo: Via Vittorio Emanuele, 266 95100 CATANIA CT
- Email: parco.archeo.catania@regione.sicilia.it
- Pec: parco.archeo.catania@pec.net
- Telefono: 0957150508
- Sito internet: http://www.poloregionalecatania.net/